Il dono gratuito

Enrico è detenuto da più di 30 anni in regime di massima sicurezza. Un particolare merita attenzione. Al momento della sua cattura il suo grado di istruzione era praticamente inesistente. Ora lui può vantare due lauree e sta studiando per la terza. Una è in filosofia.

Importante è l’immagine sul volontariato, che è quello che ciascuno di noi nel suo piccolo cerca di fare.
Volontariato come dono gratuito, dono da elargire nell’invisibilità, senza pubblicità, dono da offrire prima ancora di essere richiesto, “dono che consente a tutti noi (detenuti) di pensarci esseri umani.”

 

Cari voi
Grazie per l’invito e per l’opportunità offerta.
Sono consapevole che questa riflessione è del tutto personale e da un luogo, un carcere, circondato da alte mura di recinzione, sorvegliate da guardie armate e progettate per segnare un confine: quello tra il “bene” e il “male”. Ma, almeno questa volta, la minaccia, circolante nei luoghi della “libertà”, il COVID-19, deve rimanere fuori dalle mura.
L’esigenza primaria: rimuovere le paure e i turbamenti dall’interno delle comunità dei cittadini “liberi”, cede il passo alla tutela dei luoghi della reclusione… anche del diritto alla salute delle persone detenute? Oggettivamente, le persone private della libertà sono soggetti deboli e, ahimè, tali rimarranno, fintanto che le politiche sociali lasceranno il passo a quelle securitarie.
Dovremmo riflettere profondamente da quali “luoghi” arrivano i reali pericoli per ogni forma vivente su questo pianeta. Confinare dietro alte mura persone responsabili di reati, potrà risultare rassicurante, comodo, ma, lasciatevelo dire, è sì confortevole, ma alquanto fuorviante.
In Sardegna non si hanno notizie di contagiati tra i reclusi, non sappiamo se tra gli agenti vi siano contagiati, ma, in molte carceri della penisola si sono registrati un centinaio di contagi tra reclusi e agenti penitenziari.
Questo luogo di detenzione, situato lontano dalle nostre residenze, Sicilia, Campania, Calabria, Puglia, Lazio, con poche accezioni sarde, ha potuto farsi carico dei disagi con modalità più attenuate; a livello nazionale, eccezionalmente, sono state aperte linee di colloqui (videochiamate e maggiori telefonate su numero fisso), fintanto che non vengano ripristinati i colloqui in presenza – peraltro già autorizzati dai primi di giugno, ma con modalità di svolgimento talmente “inanimate”, “distaccate”; sì, a tutela delle persone private di libertà, ma, non idonei ad alleviare il distacco, la distanza, dai familiari.
Per noi reclusi, il colloquio settimanale, mensile o, per tanti carcerati lontani dai luoghi di residenza, semestrali-annuali, è il tempo dell’interazione emotiva teso ad agevolare l’equilibrio psichico: la resilienza alle stagioni del carcere.
Quando andiamo incontro ai familiari indossiamo la maschera della salute, del benessere generale: sorrisi per grandi e piccoli. Coprendo la mimica facciale, indossando guanti in lattice, posti ai lati di un tavolo, dietro un divisorio in plexiglass, ci rimarrebbero solo gli occhi: «e il loro accesso privilegiato alle apparizioni» come scrisse Saramago, ma nei volti dei familiari rivelerebbero una penosa emozione, aumentando lo stress psicofisico: pur comprendendone i motivi, le ragioni, presumo vi rinunceranno la quasi totalità – come già sta accadendo in molte carceri.
La dilatazione nei tempi della visita dei familiari la sopportiamo da lungo tempo; la “distanza sociale” era già in essere nella nostra quotidianità, ma, per tutti coloro che soffrono una particolare forma di reclusione, vale una famosa espressione di Antoine de Saint-Exupéry: «L’essenziale è invisibile agli occhi» ne Il piccolo principe.
Il filosofo E. Levinas afferma che «L’etica è un’ottica spirituale», a voler mettere in risalto quanto di effimero / illusorio vi sia in ciò che noi, semplificando, chiamiamo “realtà”.

Il volontariato, «gesto-del-dono-gratuito», si colloca nel perimetro dell’ottica spirituale levinassiana, già in essere nel volontario; dono gratuito rivolto / svolto nei luoghi della sofferenza, dell’emarginazione, della subalternità (dei senza voce); situati nelle periferie delle grandi metropoli, ma già produce smarrimento, bisogni, miserie, anche in luoghi più “borghesi”.
Il vostro «Eccomi» permette di mantenere vivo quel reticolato di relazioni, interazioni: consentono a tutti noi di pensarci «esseri umani». Soccorrete, intervenite, prima ancora che qualcheduno «chiami»; qui, il vostro donarvi, è intensamente etico. Il “dono” non deve rispondere a nessuna logica di mercato; molti volontari girano la notte (molti di voi durante il giorno svolgono altre mansioni) sì, per aiutare i tanti senzatetto / homeless, ma proprio per affermare l’idea che l’essenziale deve darsi nell’invisibilità: senza alcuna pubblicità.

Enrico – questo è il mio nome – può dirvi che la salute rende il proprio corpo un luogo ancora “abitabile”, ma, la capacità di comprendere gli avvenimenti nella loro “verità”, col passare delle settimane, dei mesi, risulta parzialmente compromessa dall’ingente mole di cronache, resoconti, provenienti dai sistemi di “approvvigionamento“: i media quale unica fonte di conoscenza quotidiana nelle carceri. Aver definito i media “fonte-di-conoscenza” potrà sembrarvi azzardata, ma, per noi, questo è.
I media, per loro natura, ospitano opinionisti – molti dei quali onniscienti (sic!) – senza minimamente preoccuparsi dell’esattezza, dell’attendibilità, delle loro affermazioni; “inquinano” il messaggio pubblico, fuorviando il senso, il significato, d’ogni argomento trattato: divenendo i “padroni” del discorso comunitario, conducono, anche i più riflessivi, in pensieri “liquidi”.

Mi sono chiesto se fosse mai accaduto che storicamente un evento traumatico avesse sconvolto le categorie mentali, le capacità ipotetico-deduttive, faticosamente consolidatesi negli umani evoluti: sì, tante volte!
Ma che cos’è che ci ha impaurito così tanto? Abbiamo scoperto che questo virus ci toglie, sopprime, le nostre memorie storiche: i nostri anziani.
Rimuovendo queste “unicità”, rende l’umanità infinitamente più povera; dove operava l’imponderabile naturale, si diffonde un eccidio delle possibilità: veniamo privati dei nostri strumenti di crescita, dei nostri maestri di vita.
Negli ultimi quindici anni avevo smesso di guardare il piccolo schermo – su saggio consiglio del mio primo docente di filosofia – privilegiando una lettura che esplorasse il “Tutto” – ma quanto accadeva ci ha connessi al televisore per aggiornarci sui drammatici / traumatici eventi. Essendo i nostri pensieri rivolti all’essenziale – genitori, mogli, figli, fratelli, amici – ci siamo assoggettati, ma, almeno, nel mio caso, senza dipendenza.
Valgono per tutti gli # Uniti nella distanza o # Andrà tutto bene – che io condivido meno, dato l’elevato numero di perdite che abbiamo subito (a troppi non è andata affatto bene). Quando a miliardi di persone nel mondo non va tutto bene… da molto tempo, e non andrà meglio nei prossimi anni, chi si rimboccherà le maniche, chi metterà piedi e mani in quei luoghi? Altro che patto di stabilità al 3%!!!
Molti dovrebbero recarsi in pellegrinaggio a Santa Marta e ascoltare le omelie del Vescovo di Roma, Papa Francesco.
Ecco perché dovremmo riflettere, e tanto, da quali «spiriti-mondani» arrivano i reali pericoli per ogni specie vivente su questo pianeta.

Dico spesso, ai miei compagni di espiazione, che la libertà è essenzialmente responsabilità: tutti vorremmo essere liberi fisicamente da queste mura, ma saremo in grado di assumere le responsabilità richieste ad ogni abitante in questo meraviglioso pianeta? Compito che non riguarda una particolare disciplina o scienza particolare, ma l’essenziale / spirituale.
È necessario “porsi-in-ascolto” degli echi di dolore dell’orfano, della vedova, di ogni nostro fratello bisognoso.

Quanto sta accadendo a miliardi di persone, servirà a ripensar-si interiormente, fondando nuove coscienze, al di qua delle logiche di mercato, rinnovando lo spirito per mezzo delle attitudini a donarsi gratuitamente? Ogni santo giorno, prima di poggiare i piedi per terra, dovremmo “porci-in-ascolto”.
La filosofia orientale ci insegna che in ogni crisi si presentano nuove opportunità – speriamo non per il malaffare – ove comporre diverse tradizioni, paradigmi sociali, cui fare riferimento. I giovani sono chiamati ad edificare un diverso mondo, ma, oltrepassando l’utopia del bene comune, siamo consapevoli, coscienti, dei rimedi che le élite politico-economiche, pseudo-democratiche, tenteranno di porre in essere per sanare questa ferita: ripararsi sotto l’ombrello della scienza, della tecnica, panacea di tutti i mali, al fine di ritrovarsi in convenienti, mondane, abitudini. Questo pianeta non è di loro proprietà, lo governano, sì, ma non gli appartiene.

Vorrei conoscervi, vorrei poter condividere con voi il “gesto-del-dono-gratuito
#UNITINELLADISTANZA

Enrico

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