Inizia il Viaggio del Prigioniero per Miriam e Alessia

Inizia il Viaggio del Prigioniero per Miriam e Alessia

Siamo Miriam e Alessia, due amiche e sorelle; da qualche tempo abbiamo sentito forte la chiamata di servire Gesù nelle carceri.

Oggi 20/01/24 abbiamo presentato il progetto de “ Il Viaggio del Prigioniero ” alle sorelle detenute del padiglione femminile del carcere Lorusso e Cutugno di Torino.
Siamo state fin da subito felici di poter servire insieme, l’amore per Dio e per il prossimo ci legano fortemente.
Non possiamo nascondere che prima di iniziare eravamo un po’ agitate, ma siamo consapevoli che il Signore ha già preparato la strada per noi. Ci ha messo al fianco, oltre alle nostre comunità, Antonella referenteregionalePrison, che è più esperta di noi, e altri due fratelli del Rinnovamento. Condivideremo questo percorso con loro, e non potremmo che esserne felici.
L’incontro di presentazione, a parere nostro, è stato importante per poter conoscere la realtà e per rompere il ghiaccio. Siamo subito state bene accolte e ci siamo sentite a nostro agio. È stato semplice per noi guardare queste figlie di Dio con occhi pieni d’amore e, dopo le prime difficoltà tecniche, tutto è andato per il meglio. Le persone detenute sono risultate interessate e partecipative, hanno fatto molte domande e alla fine si sono iscritte quasi tutte. Subito in 13 hanno compilato la scheda di partecipazione!
Quale gioia!
Ringraziamo già da adesso tutti i fratelli e sorelle che ci hanno accompagnato con la preghiera in questo primo step, confidiamo in Dio e nel suo progetto per noi e per queste sorelle. Continuiamo a pregare affinché i cuori siano pronti per accogliere le Sue parole.
Torino, 20 gennaio 2024
Alessia e Miriam
La domanda

La domanda

La domanda è sempre la stessa, ma nessuno me l’ha mai fatta direttamente. Ogni volta che ne parlo la leggo chiaramente nei loro occhi, ma non la sento mai. Affronto l’argomento e immediatamente la vedo spuntare nella loro bocca, ma c’è sempre qualcosa che la blocca.

Cambiano le parole, le modalità, i termini, le espressioni, ma il succo è sempre quello: “Pierpaolo, ti rendi conto che quelle di cui parli sono persone che hanno ucciso, violentato, stuprato, derubato, truffato! Come fai a definirli bravi ragazzi, esempi da portare nelle scuole, modelli di una ricostruzione possibile. Proprio tu che senti continuamente proprio direttamente dalle vittime le conseguenze delle loro azioni criminali.”

Naturalmente mi riferisco ai detenuti che partecipano ai progetti sicomoro.

Sinceramente posso assicurarvi che non serve che questa domanda venga espressa a voce alta perché è sempre presente nella mia testa. Il mio cuore combatte quotidianamente tra gli orrori che sente rivivere nelle parole delle vittime e nelle confessioni dei criminali da una parte e i cambiamenti che sempre accompagnano l’evoluzione del progetto: cambiamenti che sfociano praticamente sempre nel perdono richiesto dai colpevoli e nel perdono concesso dalle vittime con la conseguente riconciliazione.

Ecco, è proprio questo il succo della prima risposta che vorrei formulare. Il confronto tra vittime e carnefici è sempre acceso, spesso duro, continuamente rovente anche se sotterrato da anni di congetture, rimorsi, ripensamenti. Anche se le motivazioni sono diametralmente opposte, è sempre e solo il dolore a dominare. E il dolore fa male. Non importa se è provocato o subito, non pesano i motivi o le scuse, non contano le difese o le offese, il dolore resta… e fa male. Quando vedo che questo confronto, dopo aver sondato le profondità dei cuori, sfocia nel perdono e nella riconciliazione, mi fermo, alzo le mani e zittisco la mia mente ed il mio cuore. Se la vittima ascolta, perdona ed abbraccia, se il carnefice si prende le sue responsabilità, si ravvede e chiede comprensione, se il baratro provocato da qualsiasi reato viene sanato con il ponte costruito proprio dai diretti interessati, chi sono io per obiettare qualcosa. E se proprio credo che sia traballante, che rischi di crollare alla prima folata, cercherò di puntellarlo, di rendere più solide le fondamenta, di trasformarlo in stabile e duraturo.

La seconda risposta viene direttamente dalle regole base del Sicomoro, che vengono spiegate ed accettate da tutti per potervi partecipare: il progetto è un cammino personale volontario che non porta a sconti o benefici di pena. Questo significa che la pena viene lasciata fuori della porta. E’ già stata decisa e viene accettata come dato di fatto. Il progetto è l’inizio di un percorso di ricostruzione, di cambiamento, di ricomposizione e abbiamo le testimonianze che, dopo dieci anni, i semi gettati continuano a sbocciare.

Arriviamo all’ultima risposta, quella più concreta pur essendo la meno concreta: la presenza reale, costante, tangibile di Dio ed è proprio quella che fa la differenza. In quella stanza, disadorna e spesso fredda, si incontrano e scontrano vittime e carnefici. Non ci sono agenti, educatori, psicologi, magistrati. Pensate veramente che io, o qualsiasi altro facilitatore, abbiamo la capacità e la preparazione per raggiungere i cambiamenti e le trasformazioni che sempre avvengono. Solo il tocco di Dio Padre misericordioso può ricostruire vite spezzate, sanare intimità violate, riportare fiducia, serenità e pace. Il bello e incredibile è che basta avere il coraggio di aprire gli occhi ed allungare le mani per vedere e toccare questa presenza reale e concreta. E quindi, a maggior ragione, chi sono io per mettere in discussione l’opera di Dio. Io vedo e vi racconto i risultati.

Naturalmente queste risposte non risolvono il problema. Siamo umani. La mamma, che ha perso il figlio, troverà forza e motivazioni per alleggerire un dolore che resterà per sempre scolpito nel suo cuore. Il reo, che ha buttato la sua vita nell’inseguimento di falsi ideali, cercherà di riparare e ricostruire consapevole degli errori fatti.

E io continuerò a rileggere e a farmi quella domanda: tanto felice nel sapere di poter vedere e toccare l’amore di Dio ogni volta che entro nel carcere e tanto stupido da non saper vedere e toccare lo stesso amore nella vita di tutti i giorni.

Pierpaolo Trevisan

Il cielo di Torino si tinge d’Amore

Il cielo di Torino si tinge d’Amore

Mercoledì 20 Dicembre si è svolta nella Casa Circondariale Lorusso e Cutugno di Torino, così come in altri 28 istituti penitenziari, la X edizione dell’iniziativa “Un pranzo d’amore – l’altra cucina in carcere”. Salendo in macchina la mattina presto, avevamo già capito che la giornata sarebbe stata speciale e che non saremmo stati soli ; il cielo si era tinto di un rosso acceso tempestato da sfumature di rosa. Una meraviglia per gli occhi e per il cuore; non era importante che il traffico avesse rallentato la nostra missione perché eravamo pronti per distribuire amore. Arrivati al teatro abbiamo cominciato ad allestire i tavoli cercando di considerare le esigenze di spazio di tutti, mentre sul palco i ragazzi del blocco A si sono occupati delle scenografie per lo spettacolo che si sarebbe poi svolto nel pomeriggio. Ogni singola decorazione era stata realizzata attraverso materiali di scarto così come anche i costumi di scena, grazie al progetto “Laboratorio Riuso dello Scarto” in collaborazione con l’associazione Carlo Castelli. 

Nonostante il ritardo nella realizzazione dei preparativi per la giornata, in tempo record avevamo sistemato tutto; mancavano solo i protagonisti del pranzo d’Amore . Dopo qualche ostacolo, dai corridoi siamo stati raggiunti da un forte vociare ed i nostri fratelli reclusi hanno fatto capolino all’interno del teatro. I loro occhi si sono illuminati vedendo la trasformazione che aveva subito l’auditorium, ma ancora di più trovandosi davanti ad una schiera di volontari vestiti a festa pronti ad accoglierli a braccia aperte. 

In seguito alle opportune presentazioni e i dovuti ringraziamenti alla struttura e a tutti coloro che hanno reso possibile questa iniziativa, abbiamo preso posto per godere dell’allegro spettacolo preparato dai due comici reduci dagli spalti di Colorado e Zelig; Gianpiero Perone e Massimo de Rosa, in collaborazione con il duo comico Ruggiero e Gianni dell’associazione Circolo magico bosco delle meraviglie. Le risa hanno riempito ogni centimetro di quel teatro e l’attenzione era interamente focalizzata su di loro. Alcuni fratelli reclusi avevano le lacrime agli occhi dalle risate e hanno confessato, alla fine dello spettacolo, di non ricordare nemmeno più l’ultima volta in cui avevano riso così tanto; erano avvolti da una luce diversa.  

Una volta seduti al tavolo non si parlava di altro; erano ancora tutti euforici ed in trepida attesa di assaggiare le delizie che i due chef stellati, Matteo Baronetto del ristorante Del cambio e Guido Perino della Casa Amélie, avevano preparato per loro. Nonostante gli inviti dei volontari a cominciare a mangiare, nessun tavolo osava sfiorare cibo finché non fossero stati tutti seduti e con il piatto davanti. Si poteva toccare con mano il rispetto e l’amore di quel gesto. Al termine del pranzo un ragazzo si è guardato intorno realizzando di essere ancora nel teatro; si era scordato di essere recluso. Per qualche ora lo aveva accompagnato il pensiero di essere con degli amici a pranzare tutti insieme fuori dall’istituto. 

Terminato questo pasto conviviale è cominciato subito lo spettacolo della band Stardust, un gruppo musicale nato dal progetto “La musica che gira dentro” sviluppato con alcuni detenuti. Grande novità di questa iniziativa dei pranzi d’amore è stata proprio questa; poter avere sul palco una band che non provenisse dall’esterno. Il concerto è stato veramente il culmine della fratellanza. Gli sguardi, le risate ed i canti felici del singolo si andavano ad unire a quello dei fratelli vicino a loro. Non c’era più un “io”, ma eravamo un “noi”, una comunità enorme. 

Dopo una fugace merenda, la distribuzione di qualche pensiero e molti abbracci, la giornata si è conclusa e l’obiettivo di distribuire gioia e amore è stato portato a termine. All’uscita del penitenziario il cielo era ancora rosa e così è stato fino al ritorno a casa, quasi come a voler concludere anche lui questa giornata insieme a noi. Non siamo mai stati soli in questo viaggio.  

Di seguito la poesia che è stata letta prima del concerto, scritta da un membro della band che purtroppo non è potuto essere presente allo spettacolo.   

RACCOGLIENDO I PENSIERI  

Si sopprimerà la fede, in nome della luce.  

Poi si sopprimerà la luce.  

Si sopprimerà l’anima, in nome della ragione.  

Poi si sopprimerà la ragione.  

Si sopprimerà la carità , in nome della giustizia.  

Poi si sopprimerà la giustizia.  

Si sopprimerà l’amore, in nome della fraternità.  

Poi si sopprimerà la fraternità.  

Si sopprimerà lo spirito di verità , in nome dello spirito critico.  

Poi si sopprimerà lo spirito critico.  

Si sopprimerà il significato della parola, in nome del significato delle parole.  

Poi si sopprimerà la parola.  

Si sopprimerà il sublime, in nome dell’arte.  

Poi si sopprimerà l’arte.  

Si sopprimeranno gli scritti, in nome dei commenti.  

Poi si sopprimeranno i commenti.  

Cosa rimane, forse i sogni, per una libertà inespressa.  

No!!! Loro rimarranno nel desiderio e nell’anima tarpata dell’uomo.  

Loro rimarranno, saranno il baluardo di qualcosa che non è stato.  

Loro rimarranno… per chi saprà forse capire e per questo anche morire.  

 

                                                   Ilaria Lavia 

“L’ALTrA Cucina… per un Pranzo d’Amore” 20 dicembre 2023

“L’ALTrA Cucina… per un Pranzo d’Amore” 20 dicembre 2023

Mercoledì 20 dicembre 2023

Pranzi “stellati” per i detenuti e le detenute degli Istituti penitenziari italiani in occasione del Santo Natale

di Daniela Di Domenico

Il Natale ci ricorda che Gesù nasce nella povertà del mondo, e che, da questa povertà, da questo nulla ha avuto inizio una Storia di salvezza. Per tutti, anche per chi, quella povertà, spirituale e materiale, la vive ogni giorno recluso in una cella. «A partire da qui, per gli uomini dal cuore semplice inizia la via della vera liberazione e del riscatto perenne» (Papa Francesco, 24 dicembre 2015).

Con questa consapevolezza, anche quest’anno, in occasione del Santo Natale, entreremo in 28 Istituti penitenziari italiani per condividere, con detenuti e detenute, un gesto d’amore nel segno della solidarietà. Mercoledì 20 dicembre si svolgerà, infatti, il Pranzo di Natale “L’ALTrA Cucina… per un Pranzo d’Amore”, un’iniziativa promossa dall’Associazione Prison Fellowship Italia onlus, in collaborazione con il Rinnovamento nello Spirito Santo, Fondazione Alleanza del RnS e il Ministero della Giustizia. Un Pranzo “speciale” perché a realizzarlo con le loro brigate saranno, come sempre, chef stellati e cuochi dell’alta cucina, e a servirlo, con generosità e partecipazione, molti volti noti del mondo dello spettacolo, dello sport, dell’arte e del giornalismo. Ospiti d’onore dell’evento saranno esclusivamente i detenuti e (dove consentito) le loro famiglie.

Per questa X Edizione hanno già confermato la loro adesione all’evento di Natale i seguenti istituti penitenziari: Roma Rebibbia (sez. femminile), Milano Opera, Torino, Alessandria, Aosta, Napoli Secondigliano, Nisida minorile (NA), Salerno (sez. femminile), Eboli (SA), Aversa (CE), Avellino, Ariano Irpino (AV), Bologna (maschile e femminile), Castelfranco Emilia (MO), Parma, Rimini, Firenze minorile, Massa, Teramo, Pesaro, Castrovillari (CS), Palmi (RC), Paola (CS), Vibo Valentia, Cagliari minorile, Lanusei (NU), Palermo.

Chef stellati, maestri di cucina, osti o cuochi dell’alta cucina del nostro Paese: sono moltissimi coloro che hanno accettato di mettere a disposizione la loro arte culinaria e le loro competenze per compiacere migliaia di palati: Domenico Iavarone, Davide Pezzuto, Roberto Alia, Nino Rossi, Carmelo Fabbricatore, Armando Sciarrone, Marco Contrada, Marianna Vitale, l’Unione Regionale dei Cuochi della Campania, Mariano Guardianelli, Paolo Bissaro, Filippo La Mantia, Francesco Dall’Argine, Cesare Battisti, Eugenio Boer, Marco Sorbini, Matteo Baronetto, Guido Perino, William Pitzalis, Carmelo Criscione, Niccolò Palumbo, e i cuochi dell’Associazione Cuochi della Valle d’Aosta.

A imbandire le tavole delle 28 carceri (ma anche a provvedere alle necessità relative all’allestimento del Pranzo all’interno del carcere) saranno 1200 volontari e, a servire le portate (circa 6000 piatti), decine di artisti. Tra questi: Giovanni Caccamo, Antonio Mezzancella, Marco Giallini, Edoardo Bennato, Gianluigi Nuzzi, Sabrina Scampini, Nunzia De Girolamo, Marco Capretti, Alda D’Eusanio, Rossella Brescia, Ilaria Grillini, Luca Abete, Alberto Bertoli, Rino Ceronte, Luca Pugliese, Fabrizio Coniglio, Andrea Segré, Renzo Sinacori, Emanuele Fasano, Diego Nicolosi (Papillon), Stefano Jurgens, Roppoppo (il cantastorie Franco Palumbo), Carmine Farago, le comiche Alessandra Ierse e Nadia Puma, Gianni Astone, Vincenzo Emmanuello, Niccolò Torielli, Antonio Fulfaro, Zorama, Luca Sepe, Moreno il Biondo, Laura Grispo, Gianpiero Perone, Ottavia Pojaghi Bettoni, Ottavio Demontis, e molti altri artisti in attesa di conferma.

Questo evento straordinario ci conferma, ormai da 10 anni, che il bene sprigiona il bene, guarendo molte ferite dell’anima e favorendo l’integrazione tra il “mondo fuori” e il carcere. Un ponte di speranza che abbatte i pregiudizi, apre il cuore all’ascolto e un varco verso una società più inclusiva e sana.

Questa edizione dei Pranzi di Natale si contraddistingue, per alcuni aspetti, dalle edizioni precedenti. Per la prima volta, un istituto scolastico contribuirà economicamente alla realizzazione dei Pranzi. Si tratta del Liceo classico “Bernardino Telesio” a Cosenza che ha raccolto e devoluto la quota di mille euro per coprire parte delle spese dei Pranzi di Natale della Regione Calabria.

Con l’intervento del prof. Andrea Segrè, ordinario di Economia circolare e politiche per lo sviluppo sostenibile all’Università di Bologna, il Pranzo nel capoluogo emiliano sarà un’occasione per sensibilizzare sul tema dello spreco alimentare. Il Pranzo di Natale, infatti, verrà realizzato da Filippo La Mantia con il cibo recuperato dagli sprechi grazie alla campagna pubblica di sensibilizzazione “Spreco Zero” (sprecozero.it), un progetto di Last Minute Market-Impresa Sociale, in collaborazione con il Dipartimento di Scienze e Tecnologie Agro-alimentari (DISTAL) Alma Mater Studiorum – Università di Bologna.

Inoltre, per la prima volta, il Pranzo di Natale (a Torino) sarà servito alla sezione dei “Sex offender”, di detenuti, cioè, che hanno commesso crimini a sfondo sessuale, solitamente reclusi in aree isolate e protette. Sempre nel carcere di Torino, oltre ai comici, si esibiranno per la prima volta i Stardust, un gruppo musicale nato dal progetto “La Musica che gira dentro”, sviluppato con alcuni detenuti dell’Istituto del Blocco C e del Blocco E. I costumi e le scenografie sono frutto del lavoro di un secondo progetto, il “Laboratorio Riuso dello Scarto” che ha coinvolto ospiti del Blocco A.

Altro tratto distintivo di questa X Edizione, il contributo di molte associazioni e fondazioni, tra cui Tempi di recupero, Fondazione Severino, organizzazione no profit Manalive,  Unione Cuochi della Valle d’Aosta, Unione Cuochi della Campania, I Miti dello Sport, Coldiretti.

I Pranzi di Natale saranno preceduti da una Conferenza stampa, martedì 19 dicembre (comunicheremo, a breve, ora e luogo).

Note organizzative per i giornalisti che intendono partecipare all’evento

I giornalisti iscritti all’Albo e in possesso di regolare tesserino possono accedere al carcere senza previa richiesta di autorizzazione. Tuttavia, è gradita la segnalazione dell’eventuale presenza, della testata di riferimento e del carcere di interesse. Per coloro che non sono iscritti all’albo (fotografi, cameramen e altre categorie), sono richiesti l’invio di copia di un documento d’identità (in corso di validità), e la dichiarazione scritta dell’attrezzatura con cui si intende accedere nell’istituto, entro e non oltre il 10 dicembre 2023. Inviare tutto a daniela.didomenico@prisonfellowshipitalia.it o su WhatApp al n. 3394590180.

Le meraviglie del Progetto Sicomoro

Le meraviglie del Progetto Sicomoro

Sabato 2 dicembre giornata molto fredda a Torino, ma si ritorna lo stesso in carcere, dobbiamo andare a
trovare i nostri amici dei tre progetti sicomoro che abbiamo fatto quest’anno. Loro ci aspettano sanno che
saremmo venuti. Baci e abbracci sono quasi due mesi che non ci vediamo. Ci sediamo di nuovo in cerchio,
oramai l’impronta del progetto è rimasta, bisogna condividere i progressi. Parlano prima tutti loro, sentite
le meraviglie:

M. sto bene, molto bene adesso ho pure un lavoro da due mesi;

A. sono molto più tranquillo, voi non mi avete mai giudicato e io ho ripreso fiducia sono sicuro che quando
uscirò di qui ci saranno persone che non mi giudicheranno, adesso a colloquio abbraccio mia sorella, prima
non osavo farlo;

E. vedere 7 persone come voi che sono venute per otto settimane a trovarci e vi ritornano è qualcosa che
spacca il cuore. Il progetto sicomoro mi ha migliorato, adesso sono più riflessivo; proprio l’altro giorno mi
son detto caspita ma io ho solo 21 anni posso ancora realizzare tutti i miei progetti di vita;

G. bisogna pensare alle proprie azioni ogni giorno, non una sola volta quando fai il progetto, avere rispetto
per tutti. Se avessi avuto rispetto non sarei qui oggi. Il progetto mi ha indicato la strada da seguire e senza
sicuramente non sarei cambiato;

F. del progetto non cambierei nulla, proprio nulla. C’è già tutto, il confronto con le vittime, gli argomenti
trattati, l’amicizia, adesso siamo una comunità.

A. il mio è un miracolo, dopo 32 anni di varie situazioni che mi hanno allontanato dalla donna che ho
sempre amato adesso si è risolto tutto e lei sta venendo a trovarmi, a breve tornerò a casa e ricomincerò la
mia vita con lei accanto;

Dopo parlano anche le vittime che non vogliono assolutamente mancare a questi incontri:

E. qui ho trovato verità e umanità e gioisco delle cose che mi state dicendo, state facendo tante cose belle,
incominciando dalla scuola che frequentate;

A. voi siete i miei amici e a voi posso dire tutto, vi voglio raccontare ogni cosa sicura che mi capirete;

I. nel primo incontro di sicomoro non volevo venire qui, non volevo alzarmi neanche dal letto. Oggi alle 4
ero già sveglia avevo bisogno di vedervi e sapere come stavate.

Ma la festa continua, non ci vedremo prima di Natale e allora bibite e panettoni. Ci sono anche i regali,
restano a bocca aperta questo è troppo per chi ha il timore del giudizio, Aurora ha confezionato con l’aiuto
del sul nipotino Gabriele di soli 9 anni dei dolcetti, Gabriele ha scelto le decorazioni e la forma. Gli diamo
anche un alberello dorato con tutte le nostre firme.
Vincenzo, si alza cerca un foglio e scrive due righe di ringraziamento a Gabriele tutti gli altri sottoscrivono il
pensiero.

Prima di uscire passiamo anche al femminile, del progetto ne sono rimaste solo 4. Maria vuole
assolutamente dirci che il Sicomoro è stato dove ha partecipato veramente volentieri, ogni volta vi tornava
con maggiore gioia.

Si, nel Progetto Sicomoro c’è già tutto e non deve essere cambiato nulla, quel che è certo è che l’amore
spacca il cuore.
Buon Natale amici cari, a presto.
Arcangelo

Dal Simposio “Dalla Giustizia alla Fraternità”: una Riflessione di Marcella Reni, presidente di Prison Fellowship Italia

Dal Simposio “Dalla Giustizia alla Fraternità”: una Riflessione di Marcella Reni, presidente di Prison Fellowship Italia

Il decreto conosciuto come “decreto Cartabia” sulla giustizia riparativa non è arrivato all’improvviso, ma è il frutto di un percorso lungo e complesso. Nasce da esperienze che, inizialmente timide e umili, si sono progressivamente fatte strada nel tempo. L’ex ministro Cartabia ha dovuto affrontare molte sfide per la sua approvazione, ma il decreto continua a generare resistenze e incomprensioni.

La giustizia riparativa non è semplice da assimilare; richiede un cambio di paradigma, di mentalità. Non si tratta della punizione per la violazione di una norma, ma di un processo di ricucitura, di riparazione. Il focus non è sul reato, ma sugli effetti che ha generato. In questo contesto, non interessa cosa è stato fatto, ma piuttosto quali impatti l’azione ha avuto e quali ferite ha provocato.

La giustizia riparativa è una giustizia tutt’altro che “buonista”, anzi è molto esigente, presuppone un impegno assunto volontariamente che richiede molta discrezione. Gli esiti della mediazione penale e delle azioni riparative devono rimanere riservati, se così desiderano le parti coinvolte. È un processo che richiede tempo per essere compreso, per entrare a regime, per formarsi. Ma soprattutto, richiede che ci si informi.

Non possiamo tornare indietro. Accanto al giudizio e alle sanzioni penali tradizionali, la giustizia riparativa deve affermarsi come un’alternativa necessaria. Non si tratta solo di una visione diversa della giustizia, ma di un percorso che cerca di capire, riparare e ricucire il tessuto sociale. In questo viaggio, non c’è spazio per la retromarcia. La giustizia riparativa è un passo inevitabile e fondamentale che dobbiamo compiere accanto alle strutture giuridiche tradizionali.