da Editore Prison | Giu 16, 2025 | Blog
Nei detenuti, il Volto di Cristo
di Daniela Di Domenico
Un’eredità di misericordia
Se San Giovanni Paolo II ha aperto un varco importante tra le mura del carcere, con 17 istituti visitati in 27 anni di pontificato, per Papa Francesco l’incontro con i detenuti è diventato un cardine pastorale e umano. Il suo impegno verso i ristretti si è mantenuto fedele fino alla fine, con l’ultimo gesto compiuto il Giovedì Santo: il rito della lavanda dei piedi, celebrato con fatica, ma con totale dedizione, solo quattro giorni prima della sua salita al cielo.
«Perché è toccato a loro e non a me?»
Questa domanda, semplice e disarmante, il Pontefice se la poneva ogni volta che varcava i cancelli di un penitenziario. Il Papa venuto dalla fine del mondo ha fatto della prossimità agli ultimi un tratto distintivo, guardando ai detenuti non con occhi giudicanti, ma con lo sguardo misericordioso di Cristo.
La dignità di essere peccatori
Fin dai tempi di Buenos Aires, il carcere era per Jorge Mario Bergoglio un luogo di incontro con Cristo. Anche dopo l’elezione al soglio pontificio, ha mantenuto rapporti telefonici con i carcerati, celebrato Messe tra le celle, lavato i piedi ai detenuti, e affrontato con forza i temi della dignità della pena, della riabilitazione e della giustizia riparativa.
«Ognuno di noi può scivolare… ed è questa consapevolezza che ci dà la dignità di essere peccatori.»
Con i detenuti, come con i malati e i poveri, la Parola di Dio si è fatta azione concreta, testimonianza viva di misericordia.
Il dono finale di Papa Francesco
Uno dei suoi ultimi atti caritativi è stato il dono di 200.000 euro al pastificio dell’Istituto Penale Minorile di Casal del Marmo, per estinguerne il mutuo e permettere l’assunzione di altri giovani detenuti. Un gesto silenzioso ma eloquente, a testimonianza di una cura che va oltre la predicazione.
«Ho finito quasi tutti i soldi, ma ho ancora qualcosa sul mio conto» – così confidò il Papa a don Benoni Ambarus.
Il Giubileo: una porta che si apre nel carcere
Il 26 dicembre 2024, Papa Francesco ha aperto la prima Porta Santa del Giubileo 2025 proprio nel carcere di Rebibbia. Un gesto simbolico e potente: portare l’Anno Santo nel cuore di chi ha perso la libertà.
«Ho voluto che la seconda Porta Santa fosse qui, in un carcere… per aprire anche le porte del cuore.»
Il carcere come luogo di umanità
Il 18 maggio 2024, nella Casa Circondariale di Verona, Francesco ha parlato della grande umanità che abita il carcere: fatta di fragilità, ma anche di forza, desiderio di riscatto, bisogno di perdono.
«In questa umanità, in tutti voi, è presente il volto di Cristo.»
Ha ribadito l’importanza di non perdere mai la speranza, quella corda che ci lega all’àncora sulla riva, anche quando fa male alle mani.
In comunione con il suo magistero
Anche Prison Fellowship Italia, da oltre 20 anni, cammina sulle orme di questo insegnamento. In collaborazione con il Rinnovamento nello Spirito Santo, porta avanti percorsi come il Viaggio del Prigioniero, il Progetto Sicomoro, e tante attività ispirate all’incontro tra giustizia e misericordia.
Durante il Giubileo dei Migranti del 2016, i detenuti del Carcere di Opera (MI) offrirono al Papa le ostie da loro prodotte con il progetto Il senso del pane. Un detenuto disse:
«Santità, stiamo spacciando ostie per il mondo!»
Un’immagine che riassume perfettamente il cuore dell’azione di PFIt: trasformare ciò che è spezzato in pane per il mondo.
da Editore Prison | Giu 6, 2025 | Blog
A pochi giorni dalla Festa della Mamma in carcere, le volontarie di Prison Fellowship Italia hanno dato vita a un altro momento di profonda umanità e riconciliazione: il Giubileo delle Famiglie, celebrato il 31 maggio 2025 nella Casa Circondariale di Ivrea.
Alle ore 14:00, accolti da canti e sorrisi, detenuti e famiglie si sono ritrovati insieme per celebrare il valore dei legami familiari, troppo spesso feriti dalla distanza e dalla sofferenza della detenzione.
Il cuore pulsante dell’evento è stato l’abbraccio iniziale tra padri, compagne e figli: un gesto potente, simbolo del desiderio di unità e guarigione.
Dopo l’introduzione spirituale del coordinatore diocesano del Rinnovamento nello Spirito Santo (RnS), Pier, che ha spiegato il significato profondo del Giubileo, Veronica ha raccontato il valore di questa celebrazione vissuta in carcere, ricordando l’apertura della Porta Santa a Rebibbia da parte di Papa Francesco, e presentando il simbolo della lampada, emblema di luce e speranza.
Lanterne della speranza
L’attività creativa ha coinvolto le famiglie nella realizzazione di una lanterna in cartoncino: due per ogni nucleo, una da portare nella cella, l’altra a casa, per non spegnere mai la luce della speranza, come ci ricorda il Santo Padre:
“Dio dà sempre una luce per affrontare un dolore, specialmente nel rapporto con i figli”.
Colori, colla e decorazioni hanno trasformato il dolore in creatività, la distanza in presenza. La lanterna è diventata così simbolo di un amore che resiste ai muri e alle sbarre.
Momento spirituale e Messa
Dopo una preghiera scritta dalle volontarie, la Santa Messa celebrata da Don Fabrizio ha toccato i cuori. Nell’omelia, il cappellano ha ricordato l’infanzia come tempo sacro, richiamando l’immagine commovente dell’abbraccio tra un detenuto e sua figlia, paragonato all’Ascensione di Gesù che ritorna al Padre.
Il saluto finale è stato un altro momento toccante. Il piccolo Marco, in lacrime, continuava a chiamare il suo papà con tutto l’amore possibile. Quell’abbraccio tanto desiderato ha riempito la stanza più di ogni parola.
✨ Conclusione
Due eventi — la Festa della Mamma e il Giubileo delle Famiglie — uniti da un unico filo invisibile: la luce dello Spirito Santo che entra anche nei luoghi più bui, accende relazioni, risana cuori e ridona speranza.
Ogni gesto — una lanterna, una maglietta, una lettera — è stato segno di un amore più forte del dolore e della separazione.
“È questa la vera forza dello Spirito Santo: rendere possibile l’incontro, l’abbraccio, la gioia, anche laddove sembrerebbe impossibile.”
di Veronica Pellegrin – Volontaria Prison Fellowship Italia
da Editore Prison | Giu 6, 2025 | Blog
Un libro necessario. Una voce che non può essere ignorata.
Esce il 6 giugno 2025 in tutte le librerie italiane, fisiche e online, “18+1. Diciotto anni e un giorno”, nuovo libro di Monica Cristina Gallo, Garante dei diritti delle persone private della libertà personale del Comune di Torino. Edito da Effatà Editrice, con prefazione del già magistrato Gherardo Colombo, il libro affronta una delle questioni più urgenti del sistema penitenziario italiano: la condizione dei giovani adulti reclusi nelle carceri per adulti.
Il dato che allarma: all’inizio del 2025 si contano 5067 giovani under 25 detenuti nei penitenziari italiani. Solo nel 2023 erano 3274. Un incremento di quasi 1800 giovani in meno di due anni.
Monica Gallo apre uno squarcio su una realtà spesso ignorata: il confine sottile tra minore e adulto, in termini di giustizia, può determinare destini drammaticamente diversi. A 17 anni e 11 mesi si accede al Tribunale dei Minorenni; a 18 anni e un giorno, si finisce in carcere con gli adulti, in ambienti che non sono preparati a contenere, accompagnare o rieducare.
“18+1” non è solo una denuncia, è un appello: affinché il sistema penitenziario italiano torni ad essere umano, affinché ai giovani venga restituita una possibilità. Perché il carcere può essere la fine, ma anche un inizio.
Attraverso racconti, incontri, storie vere, l’autrice ci guida nel perimetro del vuoto e della solitudine in cui questi ragazzi vengono intrappolati, lasciandoci un messaggio forte: “ogni giovane che entra in carcere per adulti è un giovane che perdiamo”.
Con le parole dell’autrice:
“Bisogna intervenire prima che il cinismo prenda il posto della speranza.”
Un’opera coraggiosa, che ci interroga profondamente sul futuro che vogliamo costruire, sulla giustizia che vogliamo esercitare, sull’umanità che vogliamo difendere.
da Editore Prison | Mag 27, 2025 | Blog
“Mamma, un filo mi lega a te” – Una festa speciale al carcere Lorusso e Cutugno di Torino
di Veronica Pellegrin
Il 10 maggio 2025, il carcere femminile Lorusso e Cutugno di Torino ha ospitato un evento unico nel suo genere: la Festa della Mamma, organizzata dai volontari di Prison Fellowship Italia. Il tema scelto per la giornata, “Mamma… un filo mi lega a te”, si ispira al libro di Alberto Pellai Io gomitolo, tu filo, che racconta in modo poetico il legame profondo tra madre e figlio.
Un imprevisto che si trasforma in opportunità
Le volontarie Alessia, Miriam e Veronica, insieme alla referente regionale Antonella, avevano programmato una serie di attività da svolgere con le detenute e i loro figli. Tuttavia, un disguido ha impedito l’ingresso dei bambini, generando inizialmente un clima di tristezza e delusione.
Ma proprio in quel momento di difficoltà è emersa la forza e la sensibilità delle nostre volontarie: hanno asciugato lacrime, accolto emozioni e rimodulato l’intera giornata con creatività e dedizione.
Un filo invisibile che unisce cuori
La partecipazione delle detenute è stata entusiasta: dopo un inizio di canti e giochi per rompere il ghiaccio, le mamme sono state invitate a scrivere una lettera per i propri figli. Le parole scelte, i pensieri condivisi, hanno dato voce a un amore che, pur nella distanza, resta vivo e profondo.
Una sola mamma ha potuto incontrare i suoi due figli: insieme, hanno decorato la maglietta simbolo della festa, regalata da Prison Fellowship. E poi c’era Ahmed, un bimbo di quasi due anni che vive con la mamma detenuta nell’ICAM collegato al carcere. La sua presenza è stata luce pura: ha giocato con tutti ed è diventato “figlio di tutti”, coccolato da detenute, agenti e volontarie.
Il pranzo, il pane e la Nutella
Il momento del pranzo è stato semplice e carico di significato: pane e Nutella da condividere, un gesto che ha il sapore dell’infanzia, della casa, della tenerezza. La giornata si è conclusa con abbracci, sorrisi e parole di gratitudine da parte delle detenute, che hanno sentito forte la presenza di qualcuno disposto ad ascoltare e a camminare con loro.
Quando l’imprevisto diventa grazia
Quella che sembrava una giornata “fallita” si è trasformata in una delle esperienze più autentiche di ascolto, accoglienza e cura. È stata la prima volta che si è celebrata la Festa della Mamma in questo modo nel carcere torinese, e se qualcosa non è andato come previsto, è stato comunque il seme di un futuro da costruire con maggiore consapevolezza.
Le volontarie sono già pronte a ripartire. Con il cuore più grande e il desiderio di tornare a donare sorrisi, relazioni e presenza concreta alle mamme che vivono l’affetto materno dentro le mura di una prigione.
da Editore Prison | Mag 9, 2025 | Blog
Habemus Papam: è lo statunitense Leone XIV
Ha scelto il nome “Leone XIV” il nuovo Papa, lo statunitense Robert Francis Prevost.
È il primo Pontefice agostiniano e il primo Papa proveniente dall’America del Nord. Sessantanovenne, nato a Chicago, ha alle spalle una solida formazione accademica in Matematica e Filosofia.
Nel 1985 è stato inviato nella missione agostiniana di Chulucanas, a Piura, in Perú, dove ha operato per quasi trent’anni. Una lunga esperienza pastorale, umana e spirituale, che lo ha poi portato a Roma, dove è stato nominato prefetto del Dicastero per i Vescovi e presidente della Pontificia Commissione per l’America Latina.
Un nome che parla di pace e giustizia
La scelta del nome Leone XIV richiama esplicitamente il Pontificato di Leone XIII, figura di riferimento per la dottrina sociale della Chiesa e autore dell’Enciclica Rerum Novarum, considerata una pietra miliare sul tema della giustizia sociale e dei diritti dei lavoratori.
Un’eredità nel solco di Papa Francesco
Tra le prime parole rivolte al mondo da Papa Leone XIV, un forte appello all’unità, alla costruzione di ponti, alla pace e alla giustizia.
“Uniti, mano nella mano… Aiutateci a costruire i ponti, con il dialogo, con l’incontro.”
Parole che risuonano profondamente con la missione di Prison Fellowship Italia, fondata proprio sui valori dell’incontro, del dialogo e della riconciliazione. Un richiamo universale alla dignità umana, anche dove è più fragile, anche dentro le mura di un carcere.
La nostra preghiera
Con gioia e speranza, Prison Fellowship Italia offre al Santo Padre Leone XIV le proprie preghiere affinché possa essere guida spirituale per tutti i credenti e punto saldo per il mondo laico. In un tempo segnato da divisioni, incertezze e guerre, la sua figura rappresenta un segno profetico di speranza.
“Il male non prevarrà… camminiamo insieme, cercando sempre la pace e la giustizia.”