LA TERZA ENCICLICA DI PAPA FRANCESCO per tutti i credenti, ma anche per i tanti operatori sociali e per gli uomini e le donne di buona volontà, diviene in questo tempo particolare, intenso e instabile, un monito forte. Fortemente legata alle altre due:
- LUMEN FIDEI (29 giugno 2013)
- LAUDATO SI’ (24 maggio 2015).
Tra le trame e al cuore di questo grido d’amore del Papa c’è tutto il desiderio del Padre che si esprime nell’Incarnazione del Figlio per mezzo dello Spirito Santo, di essere realmente fratelli tutti, capaci di avere a cuore il bene dell’altro, a partire dalle virtù, dalle ricchezze e le doti e nonostante le diversità di razza, di cultura, di tradizioni, nonostante le infermità e le incapacità.
«Chi infatti non ama il proprio fratello che vede, non può amare Dio che non vede» (1 Gv 4,20)
In questo tempo esausto e sfiancato dall’individualismo, dall’egoismo e dal relativismo morale, riconoscere di essere fratelli ora è l’unica soluzione per un’ inversione di marcia dal regresso umano che stiamo vivendo.
Una grande fratellanza che si converta così in amicizia sociale, capace di costruire e realizzare il bene e il rispetto di ogni cosa creata.
A partire dalla piccola Assisi, da San Francesco il “Poverello”, Il Papa ci riporta tutti, credenti e non, a riflettere sul sogno di un mondo migliore realizzato da tutti in questa grande amicizia sociale. Ricchi e poveri, adulti e bambini e tutte quelle fasce deboli della società attuale che vanno difese e non osteggiate e usate.
Il suo pontificato ha questo paradigma, il più importante:
Fraternità e Amicizia Sociale, Pace e Dialogo!
“Prendersi cura del mondo che ci circonda e ci sostiene significa prendersi cura di noi stessi. Ma abbiamo bisogno di costituirci in un “noi” che abita la Casa comune”. (n.17)
Ricca di contenuti semplici, ma troppo profondi e provocatori, composta da otto capitoli, è consigliabile leggerla e soprattutto interiorizzarla per rispondere alla sempre tanto attuale domanda:
“Dove è tuo fratello?” (Genesi 4,9)
Dal male comune al bene comune, dall’iniquità planetaria, dalle ingiustizie sociali, ad un mondo più umano.
E particolarmente alla nostra attenzione e ai nostri cuori, al capitolo settimo, ai numeri 268 al 270, il Pontefice richiama alle pene ingiuste detentive fino all’ergastolo e alla pena di morte. Francesco ci richiama a “riconoscere l’inalienabile dignità di ogni essere umano e ammettere che abbia un suo posto in questo mondo”. (n.269)
Che grande il cuore di questo uomo, di questo prete, del Vescovo di Roma e Pontefice! Egli prova ad allargare i paletti del proprio cuore e prova ad allargare quelli del mondo alla visione di Dio, che “il quale vuole che tutti gli uomini siano salvati e arrivino alla conoscenza della verità” (1Timoteo 2,49)
A partire da questo pellegrinaggio terreno. Prova senza esitazioni e senza paura dei giudizi dei dotti e dei potenti, a costruire ponti tra tutte le mura altre della divisione, della incomprensione, della incapacità, dell’orgoglio.
“Dobbiamo imparare a vivere insieme come fratelli o periremo insieme come stolti.”
Martin Luther King