Un Natale di gratitudine e speranza: il cuore del Vangelo nelle carceri italiane

Carissimi fratelli e sorelle,

la scorsa settimana, in 44 carceri italiane, abbiamo celebrato il Natale insieme a migliaia di detenuti. Grazie ai vostri sorrisi, al vostro servizio e al vostro amore, questo Natale ha assunto un significato più profondo di quanto spesso non abbia nelle case o nelle chiese.

I detenuti capiscono il messaggio del Vangelo con il cuore, provando un senso di sorpresa e forza. Sanno che il Bambino Gesù è nato in una mangiatoia che non era né lussuosa né pulita, ma odorava di animali e di paglia sporca. E che il Re del mondo è venuto alla luce in condizioni incomprensibili.

Nella storia del primo Natale, sono i poveri, gli insignificanti e i dimenticati ad essere protagonisti per Dio. Sono i pastori, senza case né letti, né vestiti puliti, ai quali l’angelo è apparso per primo. Ed è proprio questo che rende il Vangelo perfetto per chi serviamo nelle carceri: non solo per i detenuti, ma anche per le loro famiglie, che li aspettano in condizioni spesso di grande povertà, sentendosi insignificanti e dimenticate.

Il Vangelo è anche per le vittime, per coloro che portano ferite profonde a causa del crimine. Gesù è venuto per portare la buona novella ai poveri, e noi abbiamo il privilegio di testimoniare la gioia di chi, pur non comprendendola del tutto, la afferra con il cuore.

Alla fine del pranzo, tutti i detenuti hanno espresso la loro gratitudine: per il cibo, per lo spettacolo e, soprattutto, per la gioia e la ventata di aria fresca che avete portato in quello spazio. È stato un momento che ci ricorda la nascita di un bambino, di una nuova speranza.

Vi giunga la mia profonda gratitudine per ogni piatto che avete servito, per ogni sorriso che avete donato, per tutta la fatica e l’impegno che avete messo. Sono certa che Dio se ne è rallegrato.

Buon Natale, fratelli e sorelle.
Vi raggiunga tutto il mio amore e il mio augurio di pace, speranza e bene.

Con affetto,
Marcella Reni

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