Nei detenuti, il Volto di Cristo
di Daniela Di Domenico
Un’eredità di misericordia
Se San Giovanni Paolo II ha aperto un varco importante tra le mura del carcere, con 17 istituti visitati in 27 anni di pontificato, per Papa Francesco l’incontro con i detenuti è diventato un cardine pastorale e umano. Il suo impegno verso i ristretti si è mantenuto fedele fino alla fine, con l’ultimo gesto compiuto il Giovedì Santo: il rito della lavanda dei piedi, celebrato con fatica, ma con totale dedizione, solo quattro giorni prima della sua salita al cielo.
«Perché è toccato a loro e non a me?»
Questa domanda, semplice e disarmante, il Pontefice se la poneva ogni volta che varcava i cancelli di un penitenziario. Il Papa venuto dalla fine del mondo ha fatto della prossimità agli ultimi un tratto distintivo, guardando ai detenuti non con occhi giudicanti, ma con lo sguardo misericordioso di Cristo.
La dignità di essere peccatori
Fin dai tempi di Buenos Aires, il carcere era per Jorge Mario Bergoglio un luogo di incontro con Cristo. Anche dopo l’elezione al soglio pontificio, ha mantenuto rapporti telefonici con i carcerati, celebrato Messe tra le celle, lavato i piedi ai detenuti, e affrontato con forza i temi della dignità della pena, della riabilitazione e della giustizia riparativa.
«Ognuno di noi può scivolare… ed è questa consapevolezza che ci dà la dignità di essere peccatori.»
Con i detenuti, come con i malati e i poveri, la Parola di Dio si è fatta azione concreta, testimonianza viva di misericordia.
Il dono finale di Papa Francesco
Uno dei suoi ultimi atti caritativi è stato il dono di 200.000 euro al pastificio dell’Istituto Penale Minorile di Casal del Marmo, per estinguerne il mutuo e permettere l’assunzione di altri giovani detenuti. Un gesto silenzioso ma eloquente, a testimonianza di una cura che va oltre la predicazione.
«Ho finito quasi tutti i soldi, ma ho ancora qualcosa sul mio conto» – così confidò il Papa a don Benoni Ambarus.
Il Giubileo: una porta che si apre nel carcere
Il 26 dicembre 2024, Papa Francesco ha aperto la prima Porta Santa del Giubileo 2025 proprio nel carcere di Rebibbia. Un gesto simbolico e potente: portare l’Anno Santo nel cuore di chi ha perso la libertà.
«Ho voluto che la seconda Porta Santa fosse qui, in un carcere… per aprire anche le porte del cuore.»
Il carcere come luogo di umanità
Il 18 maggio 2024, nella Casa Circondariale di Verona, Francesco ha parlato della grande umanità che abita il carcere: fatta di fragilità, ma anche di forza, desiderio di riscatto, bisogno di perdono.
«In questa umanità, in tutti voi, è presente il volto di Cristo.»
Ha ribadito l’importanza di non perdere mai la speranza, quella corda che ci lega all’àncora sulla riva, anche quando fa male alle mani.
In comunione con il suo magistero
Anche Prison Fellowship Italia, da oltre 20 anni, cammina sulle orme di questo insegnamento. In collaborazione con il Rinnovamento nello Spirito Santo, porta avanti percorsi come il Viaggio del Prigioniero, il Progetto Sicomoro, e tante attività ispirate all’incontro tra giustizia e misericordia.
Durante il Giubileo dei Migranti del 2016, i detenuti del Carcere di Opera (MI) offrirono al Papa le ostie da loro prodotte con il progetto Il senso del pane. Un detenuto disse:
«Santità, stiamo spacciando ostie per il mondo!»
Un’immagine che riassume perfettamente il cuore dell’azione di PFIt: trasformare ciò che è spezzato in pane per il mondo.